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Il diritto del consumatore all'informazione


Fa un po' sorridere la resistenza che, a vario titolo, oppongono tanti produttori al tentativo della Unione Europea di introdurre un sistema di etichettatura degli alimenti semplice e comprensibile a tutela dei consumatori.
Guardante l'immagine qui sopra: sono banali gallette prodotte in Cile dove un tale meccanismo a è stato introdotto nel 2016. Non sono gallette "speciali", rappresentano semplicemente quello che è contenuto nel 99.9% del biscottame che possiamo ritrovare sulle tavole di tanti Italiani all'ora di colazione.
Sul fronte dell'incartamento leggiamo l'informazione che il produttore vuole trasmettere al consumatore riguardo al proprio prodotto: "Fibras naturales y auténticas" (che dire... null'altro che un concentrato di salute, indubbiamente il meglio per la colazione dei nostri figli...). Di fianco leggiamo l'informazione che la legislazione cilena obbliga il produttore a fornire: "Alto contenuto di calorie. Alto contenuto di grassi saturi. Alto contenuto di zuccheri."

Il consumatore ha diritto a comprendere cosa sta acquistando. Deve essere messo in grado di fare una scelta consapevole su cosa acquista, mangia e fa mangiare ai propri figli. Dopo di che, certo, la scelta finale rimane squisitamente sua.
In Europa non se ne viene a capo. I governi portano avanti ciascuno le istanze dei propri storici produttori, a scapito dei diritti di centinaia di milioni di consumatori che avrebbero null'altro che il diritto ad una informazione chiara ed immediata delle effettive qualità o difetti di questo o quell'alimento.
Avvisare sull'etichetta che il mascarpone è un concentrato di grassi saturi non significa demonizzarlo e nemmeno informare il consumatore che l'etanolo (l'alcool alla base di tutte le bevande alcoliche) appartiene al gruppo 1 dello IARC, ovvero delle sostanze la cui cancerogenicità è stata scientificamente stabilita al di la di ogni ragionevole dubbio. Magari, sapendolo, modificherò la mia dieta di conseguenza in qualità o quantità, o magari no, ma personalmente ritengo che si debba iniziare a trattare i consumatori come adulti consapevoli e che una corretta informazione non possa che giovare all'intero sistema, e il caso cileno, oggi oggetto di studio in tutto il mondo, lo dimostra.

La legislazione da loro introdotta nel 2016 comprende l'impossibilità di reclamizzare in televisione i prodotti che contengano una di queste "black label" che avvisano il consumatore di un alto contenuto di grassi saturi, zuccheri o sale. Un po' l'equivalente delle sigarette in Europa: ricordate la battaglia per impedire la pubblicità del fumo sui media e costringere la lobby del tabacco a scrivere sui pacchetti che il fumo uccide? Eppure era, ed è, null'altro che la pura e semplice verità. Informare non significa proibire, significa unicamente trattare le persone come adulti consapevoli e dire loro "guarda, le cose stanno così, poi fai un po' tu".
Dunque qual'è stato il risultato in Cile? Che i produttori per non perdere quote di mercato si sono dovuti adeguare, ed oggi oltre il 20% dei loro prodotti hanno una nuova formulazione, con meno zuccheri, sale, grassi saturi. A tutto vantaggio della salute dell'intera popolazione.

E noi, cosa aspettiamo?